(articolo
pubblicato su "Il Foglio", Quaderno della Biblioteca
Comunale di Cucciago, no 62 - maggio 2006)
Tutti
noi conosciamo la Cina attraverso le immagini di giornali
e televisione: la potenza economica del millennio, la forza
lavoro a basso prezzo, i prodotti contraffatti, un'immensa
massa di persone che vuole cercare fortuna all'estero, la
mafia cinese, la democrazia negata... nel nostro immaginario
la Cina è sinonimo di tutti questi concetti, ma è
questo e molto altro ancora.
Di sicuro i cinesi vogliono "arrivare" e non si
fermeranno davanti alle proteste o alle barriere innalzate
dai paesi occidentali. Un esempio pratico: l'ecologia. La
Cina si rifiuta di accettare i limiti alle emissioni di gas
serra, che invece quasi tutti i paesi industrializzati devono
rispettare. Per quale motivo un paese così grande non
capisce che senza porre un freno all'inquinamento non ci sarà
un futuro per le prossime generazioni? La risposta è
talmente ovvia da sembrare banale: perché non è
economicamente conveniente. "Noi" abbiamo avuto
anni per potenziare la nostra economia a discapito dell'ambiente,
adesso che siamo tra le maggiori potenze economiche al mondo
possiamo concederci il lusso di pensare all'ecologia. La Cina
invece sta cercando di raggiungere i paesi occidentali in
breve tempo, è un paese in via di sviluppo e non vuole
sottomettersi a quelle che considera misure restrittive nei
confronti della propria economia. Non ecocompatibile, ma comprensibile,
direi.
Cos'altro è la Cina? Un paese enorme, con più
di un miliardo e trecento milioni di persone, un quinto della
popolazione mondiale. È talmente grande che è
difficile fare generalizzazioni, tutto varia da una provincia
all'altra: cibo (che per i cinesi, essendo al centro di ogni
evento sociale, è importantissimo, per cui anch'io
qui lo metto al primo posto), clima, paesaggio, industria,
accento, lingua (da nord a sud non ci si capisce se non si
ricorre al mandarino ufficiale, per "fortuna" -
loro, non certo nostra - la scrittura rimane la stessa), ci
sono divari enormi tra persone ricche e povere, ma lo spirito
imprenditoriale nato negli ultimi anni, dopo che Deng Xiaoping
ha spronato il popolo ad arricchirsi, è uguale ovunque.
Nascono così miriadi di negozietti che offrono di tutto,
parrucchieri ad ogni angolo di strada, carretti che vendono
frutta e verdura, stoviglie, bibite, gelati (in velocità,
prima che si sciolgano), insomma: mercato libero nel senso
più ampio del termine. E chi osa più dire che
l'arte di arrangiarsi sia una caratteristica tipicamente italiana?
Chi ha fortuna, capacità e amicizie "giuste"
può riuscire in breve tempo a fondare un'attività
di successo e a fare fortuna; in questi casi gli stipendi
sono più o meno paragonabili ai nostri. Negli anni
50-70 i giovani si ritenevano soddisfatti se riuscivano a
conquistare quattro oggetti che li strappavano alla povertà:
bicicletta, macchina da cucire, orologio e radio; negli anni
80 e 90 erano considerati fondamentali frigorifero, televisore
a colori, lavatrice e registratore, cose che ormai sono date
per scontate; gli obiettivi della nuova generazione sono il
condizionatore, il computer, il cellulare e l'automobile.
Quello che un tempo era la patria delle biciclette si sta
trasformando in un ammasso (spesso disordinato, considerato
il traffico e lo stile di guida di Pechino) di automobili:
nel 1998, anno del mio primo viaggio in Cina, il 70% delle
macchine in circolazione erano taxi, il restante 30% era per
lo più costituito da vetture aziendali, governative,
ufficiali ecc., quelle private erano pochissime. Le cose sono
cambiate, tanto che a Pechino ogni giorno vengono immatricolate
1000 nuove autovetture.
Eppure nelle campagne ci sono moltissime famiglie che non
si possono permettere la retta scolastica dei figli: un anno
di elementari costa 8 euro. E spesso, se hanno i soldi per
la retta, non sono in grado di pagare il vitto ai figli che
devono pranzare lontano da casa nei giorni di scuola; oppure
non possono rinunciare alla manodopera nei campi. Il governo
si sta impegnando per rendere l'educazione primaria gratuita
nelle campagne, anche se qualunque riforma in un paese così
grande è di difficile e lenta attuazione. Sembra impossibile,
ma in un paese così lanciato nella corsa verso il futuro
ci sono persone (maestri elementari in campagna) che ricevono
uno stipendio inferiore ai 4 euro al mese.
Eppure la Cina non è solo economia, ricchezza e povertà.
La Cina è il paese di un popolo che ha inventato una
scrittura di stampo pittografico (in origine simile ai geroglifici
egizi) che, malgrado la sua difficoltà e poca praticità,
si è affermata nel corso dei millenni. Un popolo che
ha inventato la polvere da sparo, ma per scopi pacifici: i
fuochi d'artificio. Un popolo che - ma non mi assumo la responsabilità
di tale affermazione - ha inventato il precursore della pizza
(una specie di focaccia risalente a qualche migliaio di anni
fa). Un popolo che più volte nella storia ha visto
fare quasi tabula rasa della propria cultura, tentativi portati
avanti - ironia della sorte - dal primo imperatore (Qinshi
huangdi, che con il rogo dei classici confuciani ha cercato
di sradicare le vecchie idee dalla mente del popolo) e da
quello che può essere considerato l'ultimo imperatore
di questo immenso paese, il Presidente Mao, che con la rivoluzione
culturale ha tentato di riformare gli intellettuali annientandone
le idee per mettere al centro della società cinese
l'agricoltura. Eppure i cinesi si sono risollevati, forti
della loro volontà e della loro fiducia in quello che
il destino riserva loro.
La Cina è una realtà che ci lascia perplessi,
le contraddizioni sono ovunque: le strade, i parchi e tutti
i luoghi di interesse storico e artistico sono pulitissimi,
setacciati da una schiera di operai che raccolgono, lucidano,
puliscono; ma basta mettere piede in qualche bagno pubblico
e sembra di svenire, dalla puzza, dallo schifo; nei ristoranti
l'igiene non è certo la priorità, l'appartamento
che ho affittato era avvolto da una patina di unto da far
paura, debellata solo grazie a Cif e olio di gomito.
I cinesi sono gelosi della propria privacy, ci sono argomenti
(quali l'età di una donna, ma non solo) assolutamente
off-limits, sembra di avere a che fare con la pudicizia fatta
persona, eppure nei bagni pubblici tradizionali mancano le
porte e si approfitta per fare conversazione come se nulla
fosse. Un perfetto sconosciuto ti chiede quanto guadagni,
quanto paghi d'affitto, si intromette nella tua vita non trovandoci
nulla di strano, ma poi è difficile che ti inviti a
casa sua (vergogna di mostrare dove abita? desiderio di privacy?
distanza nei confronti di uno straniero? non lo so, non l'ho
ancora capito).
Malgrado tutto, o forse proprio grazie a quella che considero
un'enorme sfida, vivere in mezzo a loro è piacevole,
capirli, poter parlare con loro, discutere, litigare, trovo
lo scontro tra culture estremamente stimolante... chissà
se tornerò mai in Italia!
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