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Una
vacanza cinese dalla A alla Z (ottobre 2005)
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Primo
ottobre: festa nazionale in Cina, il che equivale a una settimana
di vacanza per la maggior parte dei cinesi... vale a dire, centinaia
di milioni di persone che viaggiano trasformando il Paese in
un formicaio fremente di attività. Anche noi, poveri
studenti stranieri, approfittiamo dell'opportunità e
dopo varie incertezze iniziali decidiamo di scartare l'ipotesi
turismo-fai-da-te per evitare svariati problemi: reperimento
biglietti del treno, pernottamento, organizzazione di escursioni
in loco, anche per mancanza di un adeguato periodo di preparazione.
La nostra prima scelta è il Tibet, ma dopo aver dato
un'occhiata all'agenzia viaggi piuttosto "scalcagnata"
decidiamo che sborsare 185 euro per un viaggio che potrebbe
non soddisfarci completamente (quello che sceglieremo alla fine)
non è una gran perdita, ma quasi 600 per visitare il
tetto del mondo accettando in tutto e per tutto un programma
che non abbiamo deciso e non possiamo modificare sono decisamente
troppi.
Partenza il 30 settembre alle ore 23.20 (i biglietti e il programma
definitivo li riceviamo alle 15 dello stesso giorno, per cui
fino all'ultimo pensavamo fosse una fregatura!) con i cosiddetti
hard sleepers, cuccette "dure", ma comodissime, che
ci accompagnano fino a Xi'an: un estenuante viaggio di 18 ore
e mezza.
Dovremmo visitare qualcosa, ma non c'è tempo, per cui
veniamo portati a cena, poi in albergo e decidiamo di consolarci
con una breve passeggiata sotto la pioggia, che ci accompagnerà
incessantemente fino alla notte successiva. Bancarelle, vita
vera cinese, una cantante improvvisata sotto una tenda in strada,
ma la vera attrazione siamo noi, 8 occidentali tutti insieme...
evidentemente in questa zona della città non sono molto
abituati ai "nasi lunghi" e tutti ci osservano ridacchiando.
Finalmente il 2 ottobre comincia la nostra vacanza. Un tour
de force, cinque luoghi di interesse turistico in un giorno
e tutto sotto un'insistente pioggia che ci bagna fino alle ossa,
chi più chi meno. Le mura della città risalenti
al periodo Ming, dove cercano di venderci portafortuna cinesi;
la foresta delle stele, bellissimi esempi più o meno
antichi di scrittura, pittura e calligrafia incisi su lastre
di pietra; la pagoda dell'oca selvatica con meravigliose sculture
a sfondo buddista; le sorgenti calde Huaqing, dove imperatori
e concubine amavano fare il bagno, e i loro bellissimi giardini;
ma soprattutto quella che i cinesi definiscono l'ottava meraviglia
del mondo: l'esercito di guerrieri di terracotta che proteggono
la tomba (non ancora violata) del primo imperatore cinese, Qin
Shi Huang, famoso per la riunificazione dell'impero, l'introduzione
di un'unica lingua e di un'unica moneta, ma anche per il rogo
dei libri e il lavoro forzato cui costrinse la popolazione per
realizzare ambiziose opere, tra cui la propria tomba (i cui
lavori sono cominciati appena è salito al trono all'età
di 13 anni e sono terminati poco prima della sua morte, 64 anni
dopo), che è costata la vita a moltissimi operai, artigiani
e anche concubine che sono state sepolte con lui.
Raggiungiamo il sito dopo una lunga passeggiata in mezzo all'acqua,
in alcuni punti sembra di avere i piedi a mollo in un fiume.
Ma ne vale la pena: lo spettacolo è meraviglioso, da
togliere il fiato: migliaia di guerrieri dai tratti somatici
distinti, ognuno con le proprie specifiche caratteristiche,
cavalli... un vero e proprio esercito.
La sera si riparte, viaggio in pullman verso Luoyang, antica
capitale imperiale: 4 ore e mezza su sedili scomodi, i vestiti
quasi completamente bagnati dalla pioggia e al freddo perché
il nostro autista (per altro gentilissimo e simpaticissimo)
teme di addormentarsi e quindi tiene il finestrino abbassato
per buona parte del viaggio (ringraziamo il cielo di non aver
deciso per il Tibet, chissà quanto freddo fa là!).
Arrivati in albergo altra sorpresa: le finestre delle camere
sono aperte (ed è mezzanotte) e le stanze umide. I vestiti
non fanno in tempo ad asciugare; poco male, la mattina ci cambiamo,
fa freddo, non ce lo aspettavamo, mettiamo addosso quasi tutto
quello che abbiamo e chi non ha scarpe di ricambio... indossa
sacchetti di plastica sopra ai calzini per creare almeno uno
strato impermeabile.
E il viaggio continua verso il Tempio di Shaolin, famoso per
i monaci (e non) che studiano il kungfu. La rappresentazione
dal vivo merita, ma ancor di più lasciano senza fiato
le colline che circondano il tempio, le varie costruzioni, la
foresta delle pagode... e soprattutto i nostri tentativi di
fotografi improvvisati di immortalare i pantaloni dei bambini
piccoli, tutti con un taglio verticale ad altezza del culetto:
in Cina non si usano pannolini e questo è il modo più
pratico per far fare i bisogni ai bambini!
Segue la visita al Tempio Baima, il primo tempio buddista fondato
in Cina nel I sec. d.C.
L'ultima notte a Luoyang si cambia albergo, per fortuna, e quello
che ci troviamo davanti è finalmente all'altezza di standard
occidentali: siamo così felici che decidiamo di goderci
una serata tranquilla al calduccio!
L'ultimo giorno si apre... senza pioggia! Andiamo alle grotte
di Longmen, un portento di artigianato. Si tratta di grotte
contenenti più di 100.000 statue di Buddha e dei suoi
discepoli alte da pochi cm a 17 metri. In alcune grotte si può
ancora intravedere il colore che un tempo ricopriva tutte le
statue, ma anche senza colore lo spettacolo è mozzafiato,
non fosse per la folla di cinesi che si muove quasi all'unisono
e trasporta anche noi poveri turisti ignari! Ma all'esercito
di terracotta era anche peggio, quasi non ci si riusciva a muovere
nelle vicinanze dei parapetti dove tutti scattavano fotografie
in barba ai divieti! Il sole, il fiume, lo spettacolo meraviglioso,
lo stupore nel vedere una parte del sentiero inondata a causa
delle forti piogge dei giorni precedenti e "ripulita"
da cinesi armati solo di scope di saggina e bacinelle.
L'ultimo luogo che visitiamo è il Tempio Guanlin, interessante
luogo di culto, cui però prestiamo poca attenzione, la
mente ancora occupata dalla maestosità delle grotte di
Longmen.
Dopo cena eccoci alla volta della stazione, dove un treno ci
riporterà a Pechino in sole 11 ore, le prime delle quali
trascorriamo bevendo grappa cinese ( baijiu ) in compagnia di
due coreani nostri compagni di avventura.
Tirando le somme: l'organizzazione cinese ci ha stupito, siamo
riusciti a vedere tutto quello che era stato previsto, purtroppo
con le tipiche tappe nei negozi per turisti in cui qualunque
tour cinese ti accompagna obbligatoriamente, per fortuna non
è obbligatorio fare acquisti; il cibo non è stato
dei migliori, a livello di una mensa cinese di livello medio-basso,
ma per fortuna sono partita con il mio fido Imodium (per ogni
evenienza!); le guide non sono male, gentili e preparate, purtroppo
però per la maggior parte dei partecipanti al tour (tutti
studenti stranieri) sanno parlare solo ed esclusivamente cinese;
i servizi igienici spesso erano veri e propri cessi che di igienico
avevano ben poco, a volte mancava l'acqua, a volte (anche nei
ristoranti) erano "comunitari", cioè senza
porte e pareti e sempre puzzavano da svenire, ma fa anche quello
parte dell'avventura, no? Cosa? Se lo rifarei? Subito, ma per
una diversa destinazione, c'è talmente tanto da vedere
in questo immenso paese!
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